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ESCLUSIVA SLR, Guido Nanni: “Giusto il cambio Olsen-Mirante. Totti? Penso voglia un ruolo di primo piano”

L’ex preparatore dei portieri giallorosso si racconta a “Siamolaroma.it” tra passato, presente e futuro

Tanti anni alla Roma poi l’avventura a Pescara con Zeman, ora alla ricerca di una nuova sfida. Nel frattempo è iniziato un nuovo importante capitolo, insieme con Totti e Aquilani…

“E di questo sono davvero molto contento perché è un’iniziativa che volevo realizzare da tempo. La mia carriera poi non me lo ha permesso, anche negli ultimi mesi sono arrivate tante offerte: in primis dal Milan a maggio, successivamente l’opportunità di andare a Verona con Zeman. Diverse situazioni saltate anche all’estero, così ho deciso di prendere la palla al balzo e far partire questo progetto. Ora sto formando tanti ragazzi (tre sono professionisti) anche grazie ad Alberto e Francesco che mi hanno messo a disposizione delle strutture splendide, come quelle della Spes Montesacro e della Totti Soccer School.
Questo non vuol dire che la mia carriera sia finita, anzi voglio tornare sul campo a breve ma questo progetto proseguirà: è sempre stato un mio sogno quello di aprire un’accademia del portiere e ci sono riuscito”.

La Roma rimane e rimarrà qualcosa di importante nella tua vita. Qual è il sentimento che in questo momento racconta bene il tuo rapporto con questi colori? Riconoscenza, rammarico, delusione…?

“Direi un bel mix di sentimenti. La riconoscenza è d’obbligo perché ho avuto la possibilità di fare una carriera importante e il mio cuore giallorosso è ormai noto a tutti. Purtroppo la separazione non è stata indolore e anche poco comprensibile: vado via dalla Roma nel momento in cui Szczesny aveva mostrato una crescita incredibile”.

Come nasce l’idea di prendere il portiere polacco?

“Noi eravamo in Australia con Rudi Garcia, era il terzultimo giorno di tournèe, poco prima di andare a giocare in Indonesia.
Garcia venne da me dicendomi che avrebbe dovuto parlarmi dopo cena: «Guido, abbiamo l’opportunità di prendere Szczesny dall’Arsenal. Te lo vuoi guardare meglio?». Io risposi subito: «Sì, me lo guardo ma non credo ci sia bisogno. E’ un talento, giovanissimo, ma un portiere fortissimo: prendiamolo». Rientrati a Roma me lo ritrovai in campo”.

Hai lasciato un Totti giocatore, lo ritrovi come dirigente: che impressione hai? Come lo stai vedendo in questa nuova veste?

“Lo sto vedendo più dentro, più coinvolto anche dalle interviste che ascolto, sta prendendo possesso del ruolo.
Io penso che lui voglia fare sicuramente molto di più, voglia avere un ruolo importante. Non solo di rappresentanza ma dal punto di vista decisionale. Un ruolo di primo piano, ecco. Visto che stiamo parlando del giocatore italiano più forte di tutti i tempi, credo che l’esperienza ce l’abbia”.

Una stagione difficile per la Roma. Ora con Ranieri sta tornando in corsa per un posto in Champions League.
Tu che conosci il mister bene, visto che ti portò alla Roma, t’aspettavi riuscisse ad aggiustare le cose?

“Mister Ranieri è uno pratico, un signore che riesce spesso a restituire equilibrio dove manca. Ora, come ha raccontato bene Florenzi nel post gara di Inter-Roma, «c’è un castello da difendere». E’ questa è la sua filosofia, la sua identità”.

Tra le scelte difficili che ha dovuto fare, in primis c’è stata quella di sostituire Olsen con Mirante: quali sono i fattori di una scelta del genere?

“Quando uno non sta dentro, è molto difficile parlare dall’esterno. Spesso, durante i miei 6 anni di Roma, quando si parlava del lavoro di campo, rimanevo perplesso di quello che veniva scritto e detto perché, se non si ha la visione pura di quello che succede, è difficile conoscere ed esprimere pareri sensati. Non mi sembra giusto dare un giudizio su un portiere con il quale non ho mai lavorato. Posso però dire di aver visto un portiere in difficoltà. Sostituirlo è stato anche un modo per preservarlo, un cambio quantomeno obbligato”.

Olsen arriva dal Copenaghen a quasi 29 anni. E’ possibile modificare lo stile di un portiere, cambiare le sue abitudini?

“«Modificare» è una parola troppo importante. Pensare di cambiare il modo di parare di un portiere è un’eresia.
L’allenatore dei portieri deve inizialmente non fare danni: lavorandoci tutti i giorni, si ha il compito di notare punti di forza e difetti, lavorando sui secondi. Puoi provare a migliorarlo ma non puoi cambiare lo stile di un portiere di quasi 30 anni.
Ho lavorato con portieri “grandi” come De Sanctis, Julio Sergio, Doni. Non puoi modificarli ma vedere se c’è qualche aspetto da pulire o migliorare. Quando invece hai la possibilità di lavorare con il portiere giovane, lì puoi pensare di plasmare il suo stile”.

Olsen è recuperabile secondo te?

“Dipende dai programmi che ha la società: se vogliono puntare su di lui, faranno delle valutazioni in estate e ragioneranno sul come. Al momento, appare difficile recuperarlo”.

Quanto conta l’aspetto comunicativo nella figura del portiere?

“Fondamentale, è il 70% del lavoro. Szczesny era un fenomeno su tutto: lui il primo giorno che arrivò a Trigoria, presentandomi gli dissi: «Abbi pazienza con il mio inglese, ma riuscirò comunque a farmi capire». Wojciech mi rispose in italiano: «Guido, non ti preoccupare, io parlo italiano perfettamente». Dipende sempre dall’intelligenza di chi hai davanti, ma il portiere deve per forza di cose imparare la lingua per comunicare al meglio con i compagni”.

Per la prossima stagione, si parla insistentemente di Cragno del Cagliari. Che ne pensi?

“Uno dei giovani più forti del nostro campionato. Il problema, noto già a molti, è la sua struttura non imponente. In circolazione ci sono portieri più strutturati, soprattutto in Europa, ma lui recupera questo gap con una forza e reattività mostruosa”.

Dove ti rivedremo il prossimo anno: Italia, Europa…?

“Ci sono delle cose che stanno prendendo forma, spero di riprendere il campo da dove l’ho lasciato, ovvero dalla Serie A.
Ci sono anche delle possibilità di andare fuori: la Premier sarebbe un sogno, anche in Germania il campionato è molto bello, hanno degli stadi moderni. Insomma non mi precludo un’esperienza all’estero: ad ottobre rifiutai di andare al Lugodorets in Bulgaria per una questione personale, perché volevo aspettare qualcosa di meglio. A breve saprò cogliere l’occasione giusta”.

 

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